Scuola declinata al tempo futuro

Contributo a cura di Andrea Ferrara, Professore Ordinario di Cosmologia alla Scuola Normale Superiore di Pisa e Senior Visiting Professor dell’Institute for the Physics and Mathematics of the Universe di Tokyo.

L’uomo è un essere molto particolare per tanti aspetti. Esistono differenze ovvie tra noi e il resto degli animali, ma una sembra essere decisiva. Il cucciolo di uomo ha bisogno di cure parentali per un periodo molto lungo dopo la nascita. Tale periodo può estendersi per 10 o più anni prima che il piccolo diventi un adulto autosufficiente ed indipendente. Questo aspetto ci differenzia in maniera sostanziale dagli altri mammiferi, in particolare i carnivori, che sono quelli che hanno i tempi di accudimento tra i più lunghi nel regno animale. Ad esempio, i piccoli di leone o di una tigre vengono inseriti in gruppo dopo 8 settimane; per una giraffa (benchè erbivora) questo periodo dura un anno e per un cercopiteco circa due.

L’uomo tiene con sé i propri cuccioli perché essi nascono particolarmente immaturi: quella umana è dunque una prole “inetta”. Indubbiamente questo carico di lavoro extra per le madri non è di poco conto e sembrerebbe rappresentare uno svantaggio per la specie. Tuttavia, nel corso della storia non è stato così. Data l’abitudine (o la necessità) di dover accudire i propri piccoli, l’uomo ha trovato naturale instaurare un rapporto domestico anche con altri animali, dai quali era fortemente affascinato. E tenendoli accanto, spesso addomesticandoli, ha potuto carpirne molti segreti, strategie di sopravvivenza, a volte piegarli ai propri bisogni lavorativi. Ma sempre all’interno di un rapporto affettivo, a volte anche profondo. Una motivazione epimeletica direbbero gli zooantropologi.

uomo-animale

Dagli animali con cui abbiamo vissuto a stretto contatto ci siamo tuttavia anche fatti profondamente ispirare. Abbiamo studiato il volo degli uccelli, le strategie di caccia, le dinamiche del branco, i rapporti di autorità; grazie a loro forse abbiamo sviluppato delle difese immunitarie più forti. Questo rapporto con la diversità animale è stato fondamentale per la costruzione di una cultura umana così come la conosciamo, con il suo patrimonio di comportamenti, approcci esistenziali, arte ed espressività. Nel corso dei secoli si è pian piano consolidato un complesso di conoscenze che vengono tramandate di generazione in generazione, dai membri più anziani di un gruppo a quelli giovanissimi, attraverso lunghe cure parentali.

La Scuola, che rappresenta il surrogato e il complemento moderno del ruolo delle cure parentali, serve primariamente a questo scopo, quello cioè di veicolare le conoscenze accumulate – dopo averle carpite alla Natura – ai nuovi abitanti umani del pianeta. Per molto tempo la Scuola ha adempiuto egregiamente a questo scopo. Nel passato ai suoi benefici aveva accesso una frazione limitatissima dell’umanità; oggi tale base si è allargata, ma dobbiamo ricordare che 175 milioni di bambini nel mondo ancora oggi ne sono esclusi.

In futuro il ruolo della Scuola come estensione delle cure parentali allo scopo di creare individui che – come il piccolo leone – possano “essere inseriti nel gruppo”, dovrà necessariamente essere ripensato. La ragione principale è insita nella crescita esponenziale dell’informazione prodotta dalla nostra civiltà. Ci troviamo infatti alle soglie di una rivoluzione che quasi certamente porterà ad una super-intelligenza di natura artificiale entro un lasso di tempo che non sappiamo ancora stimare con certezza, ma potenzialmente molto più breve di quanto ingenuamente potremmo pensare. In fondo, non si è mai preparati abbastanza ai grandi eventi, come ci insegna anche la pandemia del CV19.

Nel 1949 Claude Shannon, uno dei padri dell’era digitale e del linguaggio binario dei bit, cercando di quantificare l’informazione contenuta nella summa del sapere umano, si convinse che una buona stima fosse rappresentata dal numero di bit corrispondenti all’intero patrimonio di libri della Biblioteca del Congresso americano: 12.5 Gigabyte. Questo corrisponde a meno di un centesimo della capacità dell’hard disk del computer su cui sto scrivendo ora.

L’era digitale, permettendoci di manipolare, trasmettere e registrare moli immense di dati, contribuisce a moltiplicare i contenuti facendo esplodere il volume informativo a nostra disposizione. E non pensiamo, come Shannon, solo ai libri (che spesso si riferiscono a discipline totalmente sconosciute solo 10 o 20 anni fa), ma anche all’informazione digitale diffusa da tutti i mezzi di comunicazione, in primis ovviamente internet. Oggi stimiamo che la quantità di informazione prodotta dall’umanità sia di 40 zettabyte (ossia 3200 miliardi di volte quella della Libreria del Congresso). Un numero impressionante che rappresenta il nostro sapere e di cui dobbiamo essere orgogliosi. E pensate che circa il 3% di tutto questo prezioso tesoro è stato creato negli ultimi due anni.

La rivoluzione codificata da questi numeri ci pone il problema di ripensare il ruolo della Scuola. Storicamente siamo abituati a pensare ad essa come ad un percorso di svariati anni attraverso il quale acquisiamo in maniera accelerata i concetti che la civiltà umana e le grandi menti del passato hanno sviluppato. Fino a pochi decenni fa questo percorso permetteva ad una persona istruita di venire a contatto con gran parte del patrimonio culturale che ereditiamo. Vero è che alcune parti le toccavamo di sfuggita, altre le approfondivamo meglio. Ma un percorso di questo tipo era possibile. Era il completamento ideale della cura parentale umana. Lo scopo principale della Scuola è stato dunque di attrezzarci con strumenti più o meno affinati, ma tutti necessari ad “entrare nel gruppo”.

Questa visione e metodo va ora sottoposto al vaglio di una serie di cogenti domande che si affacciano prepotentemente all’orizzonte. Possiamo ancora permetterci di partire da così lontano nel ripercorrere il percorso evolutivo delle conoscenze? E’ possibile farlo in un tempo che sia una frazione temporale sufficientemente piccola (per evitare una cura parentale permanente) rispetto alla speranza di vita media? Le capacità cognitive e di memoria del nostro cervello saranno adeguate ad assorbire ed elaborare un insieme di nozioni che sono sempre più complesse e avanzate? E se ne possiamo incamerarne solo una parte: chi, come e in base a che criterio farà la cernita di cosa dobbiamo acquisire?

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Un processo di costruzione della conoscenza progressivo e lineare cosi come lo conosciamo dovrà necessariamente terminare, forse prima di quanto ci saremmo mai aspettati. I cambiamenti rapidi e drastici che stanno riplasmando tutte le nostre attività, ed in particolare quelle cognitivamente più avanzate – a causa del fatto che l’intelligenza delle macchine sta rapidamente raggiungendo quella umana almeno per quanto riguarda certi compiti – ci costringeranno a non rinviare troppo le risposte alle domande precedenti. Potrebbe essere troppo tardi.

Forse dovremo abbandonare anche l’dea che l’accrescimento formativo e culturale consista nel fornirci tutti gli strumenti (capacità di calcolo, logiche, linguistiche, relazionali, intuitive ed altre ancora) per poi utilizzarli all’occorrenza. Dovremo forse adattarci ad un tipo di apprendimento “on demand”, estremamente verticale. Quando serve e cosa serve. Dovremo essere in grado di apprendere in maniera rapidissima, capendo dove e come ottenere le informazioni nella misura esatta di quanto ci serve. Questo per non sprecare memoria, e tempo di elaborazione.

L’idea vagamente mitizzata di “Cultura” probabilmente si dissolverà, e sarà sostituita da metodologie più adatte a cercatori/raccoglitori di informazione efficienti. La Scuola, nel poco tempo a disposizione, dovrà rinunciare a ripercorrere l’avventura culturale umana per calarsi in un tempo breve e costantemente emergenziale. Un tempo in cui acquisire efficientemente informazione equivarrà forse anche a sopravvivere. Un po’ quello che accadeva ai nostri avi preistorici il cui DNA portiamo ancora nelle nostre cellule.

Il testo è stato originariamente pubblicato nel volume “La Scuola del Futuro”, edito da Scuola Terza Generazione, ISBN 978-88-945404-0-6,  https://www.scuolaterzagenerazione.it/