Il Metaverso esiste? L’Eduverso sì ed è ricco di potenzialità

Contributo a cura: Elisabetta Buono Docente di Lettere al Liceo Artistico di Quartu S. E. e formatrice a livello nazionale

e Anna Maria Lorusso Docente di ruolo di Lettere e Latino all’IIS Biagio Pascal di Romentino (NO) e formatrice a livello nazionale

Il Metaverso può essere definito come un universo alternativo digitale in cui persone, sotto forma di avatar, si muovono, parlano, portano con sé la propria identità reale. È un ambiente in cui convergono mondo fisico, realtà virtuale e realtà aumentata; qui coesistono spazi dilatati che si sovrappongono alla vita reale e la espandono, consentendo di interagire in modo più diretto e coinvolgente rispetto ai social network.

Secondo gli esperti del settore informatico, il Metaverso sarà l’evoluzione di Internet e la futura forma di comunicazione: i computer diventeranno portali di accesso a spazi tridimensionali, condivisi e interconnessi con quelli fisici, dove sperimentare una vita “altra”, anche più autentica di quella reale.

Questo Metaverso ancora non esiste.

L’ideologo e studioso Matthew Ball, in diversi saggi e nel recente e atteso testo The Metaverse and How It Will Revolutionize Everything, ne individua i principali attributi, tentando, nel contempo, di prevederne i futuri sviluppi in relazione all’evoluzione tecnologica.

Il Metaverso persistente, sincrono, illimitato, interoperabile, a detta dello stesso Autore, deve ancora essere realizzato: secondo Ball ci vorranno dai tre ai dieci anni; sarà uno spazio illimitato e trasversale, “Il Metaverso”, con molteplici punti di accesso ma un’unica esperienza-utente; sfrutterà tecnologie pervasive e interconnesse che abbatteranno sempre di più i confini tra reale e virtuale come le tute aptiche, in grado di trasmettere sensazioni tattili a chi esegue operazioni virtuali.

Metaversi

Dalla nascita, nel lontano 2003, di “Second Life”, considerata la prima comunità virtuale abitata da avatar tridimensionali, sono nati singoli “metaversi”, più o meno immersivi, sempre più tecnologicamente evoluti, ognuno con le sue specificità, ognuno con la proprie regole, le proprie logiche e la propria vocazione. Sono ecosistemi popolati da utenti rappresentati virtualmente, mondi immersivi visitabili con o senza visori, ambienti online creati per scopi diversi, dal gaming all’e-commerce.

Nei metaversi, infatti, si studia, si lavora, si gioca, si investe, si vendono e acquistano prodotti, si vivono esperienze sociali. Al loro interno si integrano tecnologie digitali che consentono nuove modalità di interazione, fruizione e

uso come live-streaming, intrattenimento, e-learning.

L’Eduverso

Questi ambienti frequentati da giovani e adulti, possono interessare la scuola?

Di didattica digitale si parla ormai da tempo e si sta diffondendo la consapevolezza su quanto le nuove tecnologie possano rappresentare opportunità per una didattica attiva e laboratoriale orientata allo sviluppo di competenze disciplinari e trasversali; in questo contesto, qual è il valore aggiunto che possiamo effettivamente riconoscere ai mondi immersivi rispetto agli altri strumenti digitali? Ha senso investire nell’Eduverso?

In primo luogo, l’Eduverso annulla le distanze e questo non solo per il tempo di una videoconferenza. I mondi immersivi possono perciò diventare luoghi di incontro e di confronto tra classi e realtà scolastiche (e non solo) geograficamente distanti, luoghi da costruire, arredare, utilizzare insieme con tempi e modalità flessibili che vanno “oltre” la scuola.

Nei mondi immersivi studentesse e studenti possono allestire mostre e musei virtuali che diventano contesti autentici in cui sviluppare competenze: nell’Eduverso la scuola può incontrare in tempo reale le famiglie e il territorio, alunne e alunni possono fare da “ciceroni”, mettere in pratica competenze comunicative e multilinguistiche.

Nei mondi immersivi, con poco più di un semplice click, si può allestire un’aula magna o uno scenario dove dar vita a dibattiti e seminari: qui studentesse e studenti interagiscono, in qualche modo protetti nella loro identità dall’avatar e allo stesso tempo responsabilizzati dal fatto di essere registi di un ambiente e di un’esperienza e motivati, perciò, a renderlo accogliente e rispettoso. L’Eduverso diventa poi occasione per riflettere sulla netiquette, sui rischi e sulle potenzialità dell’anonimato in rete, sulla percezione di sé e dell’altro attraverso la mediazione degli avatar, un luogo, insomma, di educazione civica digitale attiva e vissuta.

In un mondo immersivo può diventare molto più semplice per un docente calare studentesse e studenti in situazioni autentiche: l’organizzazione di un convegno, di un concerto, di un torneo, incontri con autori o con personalità del territorio, perfino simulazioni d’Esame con commissari esterni, senza difficoltà logistiche dettate dagli spazi fisici. Si moltiplicano in questo modo le occasioni di apprendimento autentico, sia per quanto riguarda la progettazione e il coordinamento di eventi, sia dal punto di vista dell’interazione sociale.

I mondi immersivi sono, inoltre, ambienti in cui è possibile viaggiare nel tempo e nello spazio ricreando luoghi esistenti o esistiti, ambientazioni storiche o letterarie in un lavoro che deve essere necessariamente accompagnato da approfondito studio, documentazione e ricerca, e che consente a studentesse e studenti di impadronirsi dei fondamenti di un metodo filologico di ricerca e documentazione.

Nei mondi immersivi trovano posto poi anche luoghi immaginati: si pensi alla possibilità di modellare una smart city coerente con gli obiettivi dell’Agenda 2030, per esempio; nell’Eduverso è possibile realizzare simulazioni di una realtà diversa che può diventar progetto e tradursi in impegno civico. Tutto questo, per la complessità insita nei lavori di progettazione e di modellazione, diventa necessariamente progetto condiviso e collaborativo e permette così a studentesse e studenti di esercitare e sviluppare da un lato competenze tecniche di modellazione, dall’altro competenze trasversali sociali e civiche oltre che di ricerca e di metodo di studio.

Non da ultimo, nei mondi immersivi più che in tutti gli altri scenari familiari a chi fa didattica con il digitale, gli studenti possono trasformarsi da fruitori a progettisti di esperienze ludiche, in tutto simili a quelle che vivono e ricercano fuori dalla scuola, con contenuti disciplinari e trasversali affini ai loro interessi, ma comunque condivisi in una progettazione comune.

Il metaverso, o questa dimensione immersiva che ambisce ad evolversi in metaverso educativo, insomma, è sia un luogo dove esercitare la creatività, sia un ambiente in cui fare esperienza mediata e protetta della realtà, si pensi ad imprese simulate o a laboratori virtuali legati ad ambiti disciplinari specifici.

Senza dubbio, l’Eduverso è spazio inclusivo perché, per definizione, è luogo del superamento dei limiti, ambiente in cui tutti, banalmente, possono camminare o scegliere come comunicare. Diverse sperimentazioni hanno individuato nei mondi immersivi un potente strumento per la gestione degli stati d’ansia, dei disturbi del comportamento alimentare e per riabilitare e potenziare le abilità sociali dei bambini/ragazzi con disturbo dello spettro autistico.

Naturalmente tutto questo non è esente da rischi: furto di identità, di informazioni (metadati), di proprietà intellettuale; idealizzazione di sé e del mondo irreale in cui si è immersi; dipendenza ed effetti dell’uso prolungato di dispositivi tecnologici, solo per citarne alcuni.

A questi si aggiungono, nella dimensione educativa, la minaccia del cyberbullismo, dell’esposizione a contenuti vietati ai minori e delle potenziali intrusioni negli ambienti allestiti per la didattica.
Per tutte queste ragioni, e per evitare il digital divide, cioè l’esclusione dei ragazzi che non dispongono di dispositivi propri da queste opportunità, anche l’Eduverso, come del resto tutte le esperienze didattiche con il digitale, va costruito e utilizzato prima di tutto a scuola, con la supervisione dell’insegnante.

Occorre ricordare che siamo in una scuola che ambisce a far sviluppare competenze: comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale1. Nel Quadro europeo delle qualifiche2 le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia. La scuola ha quindi il dovere di essere ginnasio, palestra, anche in questo caso, creando consapevolezza sulle opportunità e sui rischi di un mondo che rappresenterà, nella sua complessità, il futuro per le nostre studentesse e per i nostri studenti.

1 Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008
2 La Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 definisce il Quadro Europeo delle Qualifiche e dei Titoli (EQF – European Qualification Framework).