Come mettersi in gioco tra classe scomposta ed e-book

di MARCELLO MARINI

Docente di scuola secondaria di primo grado

Istituto Comprensivo Da Vinci-Ungaretti di Fermo

Formatore di Impara Digitale

Presentazione

Raccontati in un tweet (max140 caratteri)

Sono un insegnante di lettere di scuola media, credo nel mio lavoro che svolgo con curiosità, passione e, malgrado tutto, tenacia.

Ispirazione

Quali visionari o quali esperienze personali, vicine e lontane, ti hanno formato e ispirano il tuo lavoro quotidiano?

“Imparare è un’esperienza. Tutto il resto è solo informazione”.

Di solito parto da questa citazione di Einstein quando progetto l’attività didattica, quando penso a me e ai ragazzi. Di contro ho sempre in mente la scuola in cui studiavo: poco stimolante, per niente coinvolgente ed estranea alle mie domande. Due incontri mi hanno fatto cambiar rotta dal punto di vista professionale: quello con Mario Castoldi grazie al quale nella mia scuola è maturata una didattica per competenze e quello con Dianora Bardi che ha reso concreta (anche grazie alle tecnologie) questa didattica.

Innovare, tutti i giorni

In poche parole, qual è il metodo didattico che orienta e contraddistingue le tue azioni di insegnante, quotidianamente?

Indubbiamente non sono lo stesso insegnante che ero 15 anni fa, quando entrai in una classe per la prima volta. Innovare per me è qualcosa che ti porta sempre più in là; ho osservato altri colleghi in classe, leggo le esperienze riportate nei blog, nelle riviste e partecipo regolarmente a corsi di formazione. Ecco come generalmente organizzo un’ora di lezione:

  • 5/10 minuti per parlare di come va il lavoro, feedback per comprendere se danno senso a quello che fanno, recupero e risoluzione di qualche problemino:  al “non ho capito questo o quello” mi piace rispondere “perchè non hai capito?”;
  • 10 minuti per dire quello che prima dicevo in molto più tempo e con la lezione frontale;
  • 20 minuti per lavorare e fare esperienza: costruire una mappa, confrontarsi a due sul materiale fornito dal docente, ricercare e selezionare in rete, produrre un testo o altro da condividere.
  • 15 minuti per mettersi in gioco, illustrare e spiegare agli altri, valutare, correggere e preparare il terreno per lo step successivo.

 

Che classe!

Descrivi la tua aula, gli arredi, gli strumenti, le eventuali dotazioni digitali

Appena entrati la mia classe appare del tutto tradizionale: una parete occupata da tre finestre, un’altra da due lavagne in ardesia, nelle altre cartine geografiche e un armadietto; ma appena a destra dell’ingresso un armadio a muro nasconde quello che ci serve: un tablet personale per ogni studente ed uno per gli insegnanti (ma la maggioranza di noi oramai possiede il proprio); sistema audio con casse fisse, stampante, mentre dal soffitto pende un proiettore. Fatte salve le tecnologie, quello che rimane e cioè i banchi e le sedie, diventano quello che le attività didattiche vogliono che siano: supporto per i gruppi, spazi dove lavorare con la metodologia del debate, o arredi inutili che vengono cacciati in corridoio. Non vi nascondo che ‘trasformare’ così l’aula è all’inizio faticoso, ma anche in queste cose bisogna far maturare le competenze!

Alunni competenti al centro

Raccontaci un’esperienza didattica nella quale hai potuto osservare la crescita e le competenze “agite” dei tuoi alunni

L’esperienza è stata la realizzazione di un e-book. Esperienza diffusa che ha non tanto nel prodotto finale, ma nel processo che conduce ad esso, la sua ‘anima’ didattica. Il metodo seguito è quello della “classe scomposta”, il che vuol dire proporre ai ragazzi un nuovo modello organizzativo e operativo.

Ad una fase introduttiva con brainstorming, illustrazione del percorso e costruzione condivisa di alcune rubriche valutative, ha fatto seguito un’altra conoscitiva/esplorativa con consultazione di libri cartacei, ricerca in rete (con relativa analisi delle fonti web) e scelta bibliografica e sitografica. Successivamente la fase di riscrittura dei testi che sono confluiti nell’editing dell’e-book supportati da video, immagini, fumetti, test. Infine c’è stata la valutazione del prodotto finale cioè dell’e-book realizzato da ciascun studente.

Nelle fasi progettate abbiamo sempre fatto riferimento principalmente a due competenze: la collaborazione e la responsabilità. Osservare la crescita e le competenze “agite” ha voluto dire creare strumenti di osservazione per gli insegnanti, di monitoraggio con feedback per gli studenti in una prospettiva metacognitiva. Stiamo parlando di competenze che si sviluppano in un periodo medio-lungo ma che, in questo modo, sono entrate di diritto nel lavoro scolastico al fianco delle competenze di carattere più disciplinare. Non sarebbe stato possibile lavorare e seguire il procedere delle fasi, senza che, in alcuni momenti, queste competenze non fossero state attivate, messe in situazione.

Zoom sui ferri del mestiere

Di quale strumento o risorsa digitale non puoi fare a meno nel tuo lavoro? Con quali modalità lo utilizzi?

Quali le potenzialità, le ricadute formative, le possibili criticità?

Semplicemente Google Drive. Ho scritto semplicemente perché tutti lo conosco e perché ho iniziato ad usarlo in modo graduale innanzitutto come strumento di archiviazione per poi farlo diventare motore dell’azione didattica e, nel contesto professionale, luogo virtuale con docenti vicini e lontani.

Sin dal mio primo anno di insegnamento ho cominciato sistematicamente a conservare traccia del mio lavoro in classe (materiali, elaborati, strumenti valutativi, ecc.) che ho portato poi in Drive. Quando ho comprato un tablet e poi uno smartphone, scaricando l’app, ho scoperto la sincronizzazione e potevo avere sempre con me quello che mi serviva.    Lentamente ho sperimentato la suite di strumenti che potevo usare In classe, quelli più comuni come la scrittura e le presentazioni ma quello che preferisco è per ora Google Maps. Drive è sinonimo di condivisione e collaborazione: creare per poi avere un ambiente dove tutti leggono quello che hai fatto, lo possono eventualmente modificare o semplicemente commentare, anche in contemporanea. Infine un mondo che ancora sto scoprendo: quello delle estensioni che, partendo dagli strumenti di base, ti permettono di implementare l’editing secondo le personali esigenze. Non è certo uno strumento accattivante ma è semplice, immediato e veloce!

Condivisione

Studenti, famiglie, colleghi.

Chi sono le persone con le quali condividi idee, progetti, metodi, esperienze, dubbi?

Innanzitutto condividere è faticoso… almeno per me. Meno con gli studenti e più con le famiglie e i colleghi.

Con i ragazzi c’è in genere un rapporto di fiducia che cresce con il trascorrere dei mesi,  e che si realizza mettendo di fronte a tutti le paure, i limiti, ma soprattutto le risorse e le qualità di ciascuno. In fondo la condivisione è una delle radici della didattica attiva, collaborativa e metacognitiva.

Come spiegare queste cose alle famiglie? Nella mia scuola abbiamo avuto l’idea di farli entrare in classe ad assistere al nostro lavoro, quello che non comprendono o le domande che sorgono avranno poi luoghi deputati per un confronto con i docenti.

Infine i colleghi: un piccolo gruppo con cui lavorare, dividersi i compiti sfruttando le competenze più rilevanti di ognuno e poi… fare quello che fanno i ragazzi in classe: costruirsi una professionalità partendo dal confronto delle esperienze e dei percorsi formativi che ognuno di noi fa durante l’anno.

Futuro

Come immagini la scuola che sarà?

Una scuola che intercetti le reali esigenze formative dei ragazzi, che sia consapevole del suo ruolo e, soprattutto, trovi al suo interno le risorse per diventare protagonista: un sistema più aperto per uno scambio di buone pratiche, di condivisione, cosa che la tecnologia indubbiamente favorisce.