Maurizio Maglioni è Professore di chimica nelle scuole superiori di Roma e autore di romanzi e saggi tra cui “La classe capovolta”, scritto insieme a Fabio Biscaro (Edizioni Erickson, 2014).
Valutatore EFQM-CAF, iscritto all’albo dei TQM Assessor dal 2005, è Presidente dell’associazione Flipnet per la promozione della didattica capovolta.
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Girando per le scuole italiane ho tenuto decine di incontri con migliaia di colleghi della scuola primaria e della secondaria, dalla Sicilia alla Val d’Aosta. Di fronte al Collegio Docenti o a gruppi di scuole diverse riuniti insieme, comincio sempre col porre a tutti una domanda:
“Qual è, per le Indicazioni Nazionali, l’obiettivo generale del sistema educativo e formativo italiano?”
Ad una domanda così importante dovremmo tutti avere le idee chiare! Potremmo essere indecisi sugli obiettivi particolari ma non su quello generale. Potremmo non essere d’accordo sulla quantità di compiti da assegnare per casa, ma non sugli obiettivi generali della scuola. Anche perché non si tratta di opinioni personali: ogni contribuente che riceve un servizio dallo Stato ha diritto ad uno standard minimo definito dalle norme giuridiche.
Per la scuola italiana non è così. E per dimostrarlo partiamo da un esempio.
Immagina di accusare fortissimi dolori addominali e di rivolgerti ad un pronto soccorso ospedaliero. Il medico di turno ti visita, ti fa una puntura con un forte antidolorifico e ti rimanda a casa. Qual è, a tuo parere, il motivo di un tale comportamento?
Quel medico non solo è poco preparato sui protocolli di pronto soccorso, ma soprattutto non ha chiaro l’obiettivo generale del sistema sanitario nazionale. Egli potrebbe essere convinto che l’obiettivo generale del sistema sanitario nazionale sia quello di far stare bene le persone.
Se l’obiettivo fosse solo questo egli avrebbe agito correttamente. Ma noi sappiamo che non è così. Se il paziente morisse di peritonite quel medico dovrebbe risponderne penalmente. Perché ha dimenticato la parte preventiva del suo obiettivo. Non conoscere gli obiettivi, dunque, è una cosa molto grave.
Torniamo alla scuola: molti confondono la finalità della scuola con gli obiettivi. Alla domanda sugli obiettivi molti rispondono citando il primo capoverso delle Indicazioni nazionali: La finalità generale della scuola è lo sviluppo armonico e integrale della persona.
Cosa significa sviluppo armonico e integrale? Corrisponde a fatti concreti documentabili?
No, la finalità è descritta in termini generali appositamente non specifici perché non ne ha bisogno. Come in un pronto soccorso non devi solo pensare ad alleviare un dolore, così in un’aula scolastica non puoi pensare solo allo sviluppo armonico ed integrale dei tuoi alunni.
Ma a cosa dovremmo porre l’attenzione ogni giorno a scuola, mentre lavoriamo con i nostri alunni?
Alle volte capita che alla domanda iniziale qualche maestra risponda: “L’obiettivo generale dellascuola è che i bambini imparino a leggere, scrivere e far di conto”. Ma questo faceva parte dei documenti del secolo scorso! Non che non sia importante, ma le Indicazioni nazionali definisconomolto più di tre obiettivi!
Dopo una o due risposte sbagliate, qualche insegnante prende lo smartphone e comincia a cercare il testo delle Indicazioni nazionali. La cosa non mi sconvolge. Semmai mi turba attendere lunghi minuti in silenzio senza che nessuno azzardi una soluzione. Finalmente, un insegnante pronuncia, timidamente, la parola magica: le competenze?
A questo punto posso aprire il testo delle Indicazioni Nazionali a pagina 12 e leggere: Il conseguimento delle competenze delineate nel profilo costituisce l’obiettivo generale del sistema educativo e formativo italiano.
“Conoscete tutti le 8 competenze europee delineate nel profilo, vero?”
Qui occorre stendere un velo pietoso perché non ho mai trovato nemmeno un insegnante in tuttala mia vita che ricordi tutte le otto competenze. Pochissimi ne hanno memorizzate 6 o 7. Nella media ne ricordano 3 o 4. Qualcuno nemmeno una.
Potremmo dire di aver identificato il problema della scuola italiana? Gli insegnanti non hanno chiaro l’obiettivo generale del loro lavoro.
Esaminiamo, a scopo di esempio, una sola competenza: la quarta, la competenza digitale. Le Indicazioni la descrivono in modo molto stringato: solo tre righe. Leggiamole: Usa con consapevolezza le tecnologie della comunicazione per ricercare e analizzare dati ed informazioni, per distinguere informazioni attendibili da quelle che necessitano di approfondimento, di controllo e di verifica e per interagire con soggetti diversi nel mondo.
Proviamo a tradurre in pratica, inventando una possibile frase della maestra, per ogni competenza specifica:
1) il bambino deve imparare a cercare dati sul web: Bambini, oggi dovrete esercitarvi tutti a trovare quanto era alto il più grande dinosauro mai vissuto sulla terra.
2) il bambino deve imparare ad analizzare i dati dal web: Bambini oggi analizzerete i dati che troverete sul web sulla longevità dei dinosauri facendo poi un grafico.
3) il bambino deve distinguere informazioni attendibili da quelle che necessitano di approfondimento: Bambini oggi cercherete la più grande bufala o notizia falsa mai inventata sui dinosauri.
4) Il bambino deve interagire via web con soggetti diversi nel mondo: Bambini oggi ci collegheremo via Skype con un paleontologo vero e lo intervisterete voi ponendogli le domande più difficili che riuscite ad immaginare.
Fin qui abbiamo parlato di documenti ufficiali, leggi, attività che le Indicazioni definiscono a pagina 15 “prescrittive” cioè, non opzionali. Non si tratta di opinioni o possibilità ma di reale cogenza, traguardi “ineludibili”.
Ora vediamo cosa accade veramente nelle scuole. Queste attività nella maggior parte delle classi italiane sono pura fantascienza. I documenti di valutazione degli alunni, redatti dallo stesso MIUR, chiamati anche “Pagelle”, ignorano completamente la normativa! Eludono ciò che le Indicazioni stesse chiamano “ineludibile”. Valutano ogni quadrimestre le sole conoscenze dimenticando completamente le tanto osannate, sulla carta, competenze.
Possiamo dire, sottovoce, che è ora di finirla? Possiamo chiedere che se un Ministero emana un decreto per seguire una norma europea, almeno dopo 10 anni dovrebbe attrezzarsi per farla rispettare?
Sarebbe troppo chiedere che le 8 competenze europee, che il MIUR definisce prescrittive e ineludibili, prendano il posto delle materie tradizionali sulla pagella dei bambini? Le maestre potrebbero ugualmente mettere tutti i voti che vogliono sul loro registro ma, come genitori, vogliamo vedere il registro delle competenze, vogliamo vedere quanto i nostri bambini si esercitano e quanto sono valutati nella loro crescita in ciascuna delle otto competenze europee.
Così come avviene in tutti quei paesi europei che nelle prove OCSE-PISA evidenziano risultati migliori dei nostri.
La domanda dunque è: A chi competono le competenze?
Possiamo ancora tollerare che vengano valutate a casaccio da insegnanti che, nella maggioranza dei casi, non registrano alcun tipo di verifica né scritta, né orale, né pratica sull’esercizio delle otto competenze?
Scrive Dianora Bardi nel suo recente articolo su Agenda Digitale:
“Ripartire dalla didattica per trasformare la scuola”.
Ma se non si comprende il senso profondo della necessità del cambiamento, cosa significhi far acquisire competenze … se il docente non sa, al di là di aspetti puramente burocratici, come e cosa certificare, quali metodologie mettere in atto per rendere la propria didattica più attiva, come riconquistare l’attenzione dei propri ragazzi, cosa e come valutare…. Insomma, senza tutto questo, l’operazione rischia di diventare inutile.
Senza una reale preparazione degli insegnanti sui metodi di insegnamento, la didattica per competenze è una frase fatta, il digitale e le soft skill sono sogni chiusi in cassetti che nessuno aprirà.
Maurizio Maglioni – Presidente Associazione Flipnet
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