Contributo a cura di Dianora Bardi e Roberto Maragliano
L’intelligenza artificiale (IA) è ormai un’entità onnipresente nel nostro tessuto sociale e culturale, ma è nel campo educativo che il suo potenziale si rivela con una particolare forza. Nella formazione scolastica, infatti, l’IA non può fungere solo da strumento specifico, per quanto cruciale, né come mero argomento di studio, per quanto importante. È, piuttosto, espressione di un ecosistema in espansione che di fatto sta già modificando profondamente il modo in cui impariamo, insegniamo e pensiamo all’educazione stessa (anche di noi stessi adulti e docenti).
Quando parliamo di educare per l’IA, ci riferiamo alla necessità di preparare studenti che non solo comprendano i principi fondamentali dell’IA, ma che siano anche capaci di interagire con essa in modo critico e consapevole. Non è più sufficiente essere semplici utilizzatori di tecnologia. Si richiede un’attiva comprensione dei meccanismi della produzione di esperienza e di sapere dentro ambienti sempre più complessi e saturi di intelligenza algoritmica.
Educare con l’IA significa utilizzare l’IA come un partner nella costruzione del percorso formativo. Attraverso sistemi di apprendimento adattativi, tutor virtuali e piattaforme di insegnamento personalizzate, l’IA può supportare gli insegnanti nel riconoscere e soddisfare le esigenze individuali degli studenti, offrendo soluzioni per l’attuazione di un modello di istruzione su misura inimmaginabile solo pochi anni fa.
Il concetto di educare l’IA è forse il più metaforico, allo stato attuale, ma non meno carico di possibilità. Il machine learning e gli algoritmi di IA apprendono attraverso l’interazione con i dati umani; pertanto, la qualità e la varietà di questi dati sono cruciali. Comunque, educatori e studenti partecipano attivamente all’allenamento dell’IA, contribuendo ad affinarne le capacità e guidandone l’evoluzione.
Ne consegue che, in prospettiva, ma già ora, laddove c’è curiosità, impegno, desiderio di mettersi in gioco, educare per e con l’IA ma anche l’educazione stessa dell’IA diventano strategie tanto più vincenti quanto più sono aperte alla comprensione del problema generale di cosa significa, sul piano materiale e concettuale, educare nell’IA, sia dentro sia fuori della scuola, e come si possono fronteggiare le incognite che tutto questo comporta.
L’incertezza, un tempo vista come un nemico dell’educazione, diventa, nel nuovo contesto, che ci fa tutti coinvolti e ‘impreparati’, un elemento chiave del processo complessivo dell’apprendere, e dunque dell’insegnare. Ciò richiede un coraggioso ripensamento delle metodologie didattiche: da un insegnamento che puntava alla memorizzazione di informazioni certe e incontestabili, ci si muove verso un approccio destinato a valorizzare la riflessione, la critica e la capacità di gestire situazioni complesse e variabili. In questo scenario, la scuola, come entità, deve essere vista e praticata secondo modalità più flessibili e integrate con realtà sociali, economiche e tecnologiche in costante mutazione.
La dimensione immateriale dell’educazione, quella che trascende il tangibile e affonda le radici nelle idee, concetti e sensibilità, diventa il fulcro del processo formativo. Lavorare su tale dimensione significa promuovere una cultura dell’apprendimento che vada oltre la semplice trasmissione di sapere, stimolando l’interpretazione, la connessione e l’integrazione di concetti diversi.
Il virtuale, spesso frainteso come l’antitesi del reale, va invece riconosciuto come spazio di potenzialità. L’educativo virtuale non è un “non-luogo”, ma un ambiente dinamico dove ciò che è potenziale diventa effettivo attraverso l’interazione e l’attivazione degli apprendimenti, individuali e di gruppo. L’attualizzazione della conoscenza si verifica nel momento in cui studenti e insegnanti la rendono parte del loro vissuto cognitivo ed emotivo.
Per operare con successo in questo nuovo panorama formativo vanno valorizzati la curiosità, la leggerezza e dunque il gioco, nella sua accezione più nobile. Questi elementi non solo favoriscono una didattica meno formale e più partecipativa, ma promuovono anche una condivisione di conoscenze e di esperienze che è fondamentale per un apprendimento significativo, profondo, dinamico. La scuola, in quest’ottica, non è più solo un luogo di insegnamento, ma diventa un ambiente di vita in cui le relazioni, le esperienze e le scoperte si intrecciano in modo indissolubile con il tessuto dell’intelligenza generale: quella che, secondo le prerogative dell’uomo, integra naturale e artificiale.