Il PNRR nelle scuole, quanto e come si è speso

Contributo a cura di Dianora Bardi e  Roberto Maragliano

Come si bilancia il rapporto tra opportunità e rischi sul fronte dell’uso dei fondi PNRR per gli acquisti di risorse tecnologiche da parte delle scuole? Come è andata la spesa?
Noi di Impara Digitale lo abbiamo chiesto a 86 fornitori education degli istituti scolastici nazionali. Indicativamente si tratta del 17% del totale delle forniture, calcolando che il 30% delle scuole al momento dell’indagine non aveva ancora concluso gli ordini.
Possiamo dunque sostenere che i dati di cui attualmente disponiamo sono rappresentativi di un quinto del mercato complessivo.

Ma sono tali da consentire un primo ordine di riflessioni.

Com’è risaputo, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza presenta due rilevanti investimenti sulla digitalizzazione delle scuole:

Divisione fondi: totale finanziato: 1,7 MLD IVA compresa, per rinnovare ambienti 20% della cifra stanziata per ogni istituto, fino al 10% a coperture di ore straordinarie dei dipendenti scolastici

Le scuole si sono trovate a dover emettere gli ordini in pochissimo tempo, per rispettare la scadenza del novembre 2023. Oltre a tutto, secondo quanto ci è stato segnalato, il primo di luglio è stato modificato il codice degli appalti, e questo ha costretto a rivedere procedure e modulistica

Riportiamo qui la tabella degli acquisti effettuati, così come risultano dal nostro campione.

Nelle colonne gialle sono riprodotti i dati delle ordinazioni e la loro distribuzione per qualità, così come risultano agli 86 fornitori; nelle colonne azzurre compare la proiezione dei dati disponibili sul totale del finanziamento.

 

 

Pur tenendo presente che sono dati ‘grezzi’, che vengono da aziende fornitrici e offerte eterogene, si possono già proporre alcune considerazioni:

  • solo lo 0,1% è relativo a licenze che coprono l’intero istituto; quindi, nelle classi tendono ad operare software diversi,
  • l’1% riguarda licenze istallate sui dispositivi posizionate sui carrelli,
  • la maggior parte delle licenze (cloud) sono a tempo; dunque, cosa accadrà una volta che scadranno? con che fondi sarà possibile rinnovarle?
  • oltre il 50% delle scuole ha ordinato licenze annuali; calcolando il tempo in cui i dispositivi verranno effettivamente utilizzati dalle scuole, la licenza sarà vicina alla scadenza e non potrà essere rinnovata.

 

Per quanto riguarda i dispositivi mobili

  • sono di numero pari a quelle delle acquisizioni effettuate durante la pandemia covid,
  • si conferma, a causa del numero elevato di carrelli per la ricarica, la tendenza generale a non riconoscere una collocazione stabile alle funzioni laboratoriali,
  • solo il 5% è dotato di estensione di garanzie: dunque dopo 2 anni nonli si potrà riparare gratuitamente,
  • non emerge un numero significativo di applicativi didattici,
  • i comprensivi hanno comprato molti notebook (anche 100/150) senza assistente tecnico; quanto tempo servirà per renderli fruibili?

 

Relativamente alle risorse di Realtà Aumentata e Realtà Virtuale, risulta che la maggior parte dei sistemi sono stati forniti senza software e/o applicazioni didattiche per il loro impiego.

Inoltre, più della metà degli ambienti immersivi non è dotato di piattaforme di riferimento per la creazione di contenuti.

 

Relativamente al tema dei monitor touch, e in relazione al fatto che tutte le aule dovrebbero potersene servire, l’acquisto dei relativi armadietti mostra la tendenza a fissarli ancora come lavagne e quindi a utilizzarli per lezioni frontali e non per una gestione più mobile della didattica.

Una prima sintesi potrebbe essere proposta prendendo in considerazione il caso della scuola primaria.

Un progetto didattico che guardi davvero all’innovazione richiederebbe acquisti di arredi e attrezzature che possano davvero modificare gli ambienti di apprendimento.
Prendiamo un concreto di spese effettuate di un singolo istituto: 150 notebook (indicativamente 40 per ogni plesso), 30 licenze Office, 7 carrelli di ricarica (un paio per plesso), 10 monitor touch (3 per plesso), 3 visori VR (alle primarie sarebbero da evitare), 80 tavoli con sedie.
Ora, considerando che una scuola primaria non è dotata di un assistente tecnico e che le licenze dopo un anno scadono, emerge una domanda molto semplice: acquisti di questo tipo possono garantire un percorso reale di innovazione didattica?

Un ulteriore aspetto che le aziende ci hanno segnalato è riferito alle difficoltà incontrate dalle scuole nell’attuazione delle procedure di acquisto. In primo luogo le segreterie hanno dovuto imparare ad usare il nuovo portale e studiare con attenzione il nuovo bando degli appalti, ma non pochi problemi ha procurato il rispetto degli obiettivi di impatto ambientale (il principio DNSH): i dirigenti scolastici erano tenuti a verificare che tutti i prodotti fossero rispettosi del criterio e queto li ha costretti a leggere e analizzare molti documenti tecnici, in una situazione a dir poco ‘fluida’, in cui, in assenza di procedure ufficiali garantite, i fornitori hanno provveduto con autocertificazioni, con conseguenti rischi di credibilità.

Per quanto riguarda la questione dei pagamenti, risulta che:

  • le scuole hanno ricevuto il 50% degli acconti, ma il portale per caricare le fatture e richiedere il saldo per pagare i fornitori è stato aperto solo a Dicembre,
  • da molti istituti è pervenuta la richiesta di effettuare le consegne il più tardi possibile, temendo di non disporre dei fondi per il pagamento,
  • in assenza di pagamenti i fornitori non potranno consegnare in tempo quanto ordinato né potranno accettare nuovi ordini, per via del fatto che su queste transazioni, dove non c’è IVA 22% e i pagamenti tendono ad essere dilazionati (di 10/12 mesi) si corre il rischio, da parte delle aziende, di generare crediti notevolmente superiori agli utili.

Da quanto detto risulta evidente che i modi e i tempi degli acquisti non sempre sono in linea con l’esigenza di sostenere e supportare le scuole in un percorso virtuoso vero il futuro. Sicuramente si sarebbe dovuto provvedere prima alla messa a punto di un progetto di istituto, condiviso dagli organi collegiali, supportato da una visione complessiva di ciò che la tecnologia potrebbe e dovrebbe fare per sostenere l’innovazione didattica. Vero è che le difficoltà incontrate nella gestione dei fondi PNRR non è problema che riguarda solo il comparto della scuola, ma è indubitabile che nell’istituzione in cui si attua l’incontro delle generazioni e che da questo incontro ricava una delle sue ragioni d’essere, il rapporto tra qualità e quantità della spesa per le risorse tecnologiche dovrebbe poter essere inteso come tema generale, di un intero assetto sociale, economico, aziendale, e non come questione locale da affidare a suggestioni estetiche e gestioni frammentarie.

Vedremo cosa tutto questo produrrà. Abbiamo dubbi e perplessità: del resto, chi non le ha? Ma ci auguriamo di non sbagliare.