L’Intelligenza Nascosta. La scuola, le parole, le STEAM, la differenza. Prima parte

Contributo di Marilù Chiofalo – Gianna Mazzini – Giovanna Galletti

Stati generali scuola digitale 5 Dicembre 2022, Bergamo

Video di riferimento 

INTRODUZIONE

Agli Stati generali della scuola digitale 2022 Marilù Chiofalo, docente di  fisica all’Università di Pisa, che da sempre svolge ricerca   in collaborazioni internazionali stati quantistici della materia per applicazioni quotidiane e per disvelare qualcosa del tanto che ancora non sappiamo sull’universo,  Gianna Mazzini e Giovanna Galletti,  una regista e un’economista, che in uno scapicollo in sella al loro scooter per non perdere un treno a Termini hanno ideato venti anni fa Labodif-laboratorio della differenza, il primo istituto italiano specializzato nello studio delle differenze simboliche tra maschile e femminile, ci hanno parlato dell’Intelligenza nascosta.

Contributo di Marilù Chiofalo

L’intelligenza nascosta. Un titolo misterioso ed emozionante, soprattutto associato a scuola, parole, STEAM, differenza. Quale il collegamento? 

Da piccola correvo scalza nei torrenti della magna Grecia, osservavo le stelle, giocavo a pallone, suonavo strumenti, fondavo associazioni e pensavo che la fisica è la poesia della matematica.
Così fra tutto mi sono dottorata in fisica alla Normale e ho da subito sperimentato la potente bellezza del fare scienza. Il pensiero scientifico ha un potere trasformativo enorme, ben oltre le tecnologie generate dalla scienza, che pure scrivono la realtà delle persone. È un potentissimo connettore tra esperienza e astrazione: chi fa scienza crea idee dalla lettura della realtà, tenendo insieme visione d’insieme e cura dei dettagli, formalizza quelle idee in teorie con linguaggi astratti ad altissima densità di informazione, per riaprire il ciclo predicendo fenomeni da verificare in esperimenti. Infatti le parole della scienza non sono astrattamente vere o false, l’errore è parte del processo e lo perfeziona, progredire è un salire collettivo sulle spalle di giganti e gigantesse. Qui sta l’autorità della scienza.

Come ho misurato negli anni, la scienza del futuro che voglia svelare i grandi misteri dell’umanità come l’Universo, la mente, la coscienza, è necessariamente inter-disciplinare, con di competenze e risorse, connessione fra sfrenata astrazione e concreta applicabilità, in ambienti di ricerca complessi per dimensioni, dinamiche ed enorme qualità di diversity.
Ecco, io  ho sempre visto il modo della scienza del futuro come una rete capillare di radici sottili e possenti che tengono insieme montagne, le nutrono, le spostano. E mentre disegnavo questo profilo, ai miei occhi la scena era già una visione  popolata soprattutto di donne.
Non mi è stato dunque subito immediato comprendere come in questa potente bellezza mi trovassi invece in una condizione di perenne ribellione: sperimentando l’agorafobia di anguste aule universitarie e la divisione in parti di dipartimenti, l’asfissia delle discipline stagne mentre muoiono nei loro limiti concettuali e tecnici, la numerologia dei sistemi di valutazione, una pseudoscienza che misura persone e idee con barocchi algoritmi.

Con le parole di Szymborska infatti, per “scrivere un curriculum”  conta  “meglio il numero di scarpa, che non dove va colui per cui ti scambiano”, salvo poi destinarlo al “fragore delle macchine che tritano la carta”, ovvero in pasto al Minotauro dell’ANVUR, come dice la mia collega e amica Enza Pellecchia, prorettrice con delega alla coesione della comunità universitaria (delega che prima non c’era). Tornavamo quattro anni fa da una manifestazione quando mi fa “dovresti venire anche tu a Labodif”.
Pensavo di aver imparato così tanto nei miei dieci anni di assessora con sei deleghe tra cui le pari opportunità. Ma sono curiosa come una scienziata, e ho iniziato a frequentare la loro scuola, nella I delle Incredibili, come le mie compagne appunto.
In testa, una nebbia di domande da diradare con fari antinebbia e tra le quali con Labodif ho iniziato a fare ordine dando corpo alle parole: Cosa tiene il mio desiderio di trasformare il mondo insieme con la pallavolo, i videogames, la fisica poesia della matematica e quella applicata alla politica, il sax suonato in orchestra in lungo nero e tacco 12 rosso?  Dove (e come) costruire agio in quel disagio: per me, e per le mie studentesse? Come sono arrivata dai passi a piedi nudi sulla terra tra Scilla e Cariddi a quella in/esistenza senza presenza, da bravissima zombie che parla in magistrali conferenze? 

Domande non solo mie. Così che ho desiderato portarle qui con le loro parole corpose.  

L’INTELLIGENZA NASCOSTA
GIANNA MAZZINI 

Il tempo non scorre tutto uguale.
Per giorni, mesi, anni il ritmo è lo stesso.
Poi, tac, succede qualcosa e niente è più come prima.
Questo è uno di quei momenti. Siamo ad un cambio di civiltà.
Possiamo usare le energie per contrastare il cambiamento oppure per esserci dentro.
E per farlo serve un’altra forma di intelligenza. 

L’abbiamo chiamata INTELLIGENZA NASCOSTA.
Come è fatta? 

La sua prima caratteristica è che usa parole corpose.
Le parole sono madri delle cose, nel senso che creano la realtà.
Pensiamo alla parola GRAZIE. Quando io la dico davvero, posso vedere gli effetti in chi la ascolta. Che cambia postura, cambia sguardo. Cambia intenzione.
In quel momento diventa parola corposa, cioè autorevole. 

Le parole nascono corpose.
Quando siamo ancora creature se dico “pappa” intendo ho fame, ”acqua” è perché ho sete. Le parole sono ancora corpo, gesti.
Poi mano mano che si cresce perdono si allontanano e diventano concetti astratti.
Prendiamo ad esempio CAPIRE. Parola oggi astratta, della mente. Viene da “capulum” che significa “manico”.
Capire, in origine, è aver preso una cosa per il manico, al punto da afferrarla.
Non a caso ancora si usa l’espressione “afferrare un concetto”.
All’origine è un gesto della mano, non della testa.
Oppure la parola CRISI.
Siamo tutti in crisi, la scuola è in crisi. Si sente continuamente questa parola che rimanda ad un concetto molto astratto, un bilico, un tilt.
“Crisi” viene dal verbo greco κρίνω, che vuol dire “separare”, ma separare cosa? Era utilizzato in riferimento alla fase finale della trebbiatura, che consiste nella separazione della granella del frumento dalla paglia e dalla pula. Crisi corrisponde all’azione del setaccio. Cos’è la crisi? 

L’occasione per trattenere il buono e mollare il superfluo. 

Ogni parola porta con se un’idea di come vivere e comportarsi. 

E LA SCUOLA E’ IL TEMPIO DELLE PAROLE
Ha proprio come compito dare i nomi alle cose.
Che siano le parole dell’asilo, delle elementari, superiori o università.
Uno degli effetti delle parole corpose è suscitare la capacità dell’attenzione.
Come diceva Simone Weil “Benché sembri che oggi lo si ignori, il vero e quasi unico interesse degli studi è quello di formare la facoltà dell’attenzione.
La maggior parte degli esercizi scolastici ha anche un interesse intrinseco: ma è un interesse secondario”. 

A quali altre caratteristiche dell’Intelligenza Nascosta possiamo accennare?

Siamo negli anni ’30 a Philadelphia.
Lì una bambina di nome Vera dorme in una stanza rivolta a Nord, Il lato del cielo considerato il più monotono, le stelle sopra l’orizzonte sono le stesse per tutto l’anno, e gli spettacoli astronomici più divertenti sono sul lato Sud.
Vera è ipnotizzata dal lento girotondo delle stelle intorno alla Polare. A 10 anni si procura delle lenti e le fissa in un tubo di cartone. Così comincia a sondare la notte.
A 17 anni vince una borsa di studio. Si laurea.
E diventa quella che noi conosciamo come VERA RUBIN. La scienziata a cui dobbiamo tra le altre cose una scoperta straordinaria: la MATERIA OSCURA A lei si deve, cioè, la scoperta che esiste qualcosa grande cinque volte quello che conosciamo che non conosciamo. E come ci è arrivata?
Facendo per tutta la vita quello che faceva da bambina. 

GUARDARE DOVE ALTRI NON GUARDANO 

Eccola la seconda caratteristica: l’Intelligenza Nascosta vede IL MANCANTE.
E sa desiderare, si specializza nel desiderio ancor prima prima che nei linguaggi delle discipline.
La usiamo mille al volte al giorno senza dare credito a questo nostro agire.
Accade ogni volta che appoggiamo norme rigide ad una realtà morbida e mossa, ogni protocollo, circolare, ogni documento astratto che poi si deve adattare a realtà complesse.
Non è codificata dunque non la sappiamo riconoscere.
Va studiata, resa trasmissibile, tolta dallo sfondo e portata in primo piano. Va autorizzata, legittimata. Non è affatto una intelligenza secondaria.
E’ la forma di intelligenza più raffinata che c’è non fosse altro che è la più adatta al tempo che stiamo vivendo.
E’ una sorta di intelligenza capace dell’incanto di BAMBINA con la sapienza dell’adulta.
Scopre con meraviglia. Non ha confini segnati, E neppure sentieri segnati.
È duttile, curiosa, concreta, visionaria, sa sbagliare e riprendersi, sente e fa di questa congerie intelligenza viva, cioè capace di leggere più che dentro le cose, tra le cose.
Stabilisce nessi, si sposta, inciampa e si rialza, inventa a partire dalle cose che vive.

Come dice NICOLE TICEA che a 16 anni sviluppa un test diagnostico per #HIV nelle comunità a basso reddito.
Come hai fatto, le è stato chiesto.
“Beh più che sulla scienza mi sono concentrata sulla scrittura.
Ho sempre amato scrivere le mie storie, scrivere poesie, pezzi brevi, e penso che non era tanto la scienza, ma la creatività che mi ha appassionato. Mi piace molto mettere le cose insieme e creare. Mi sono resa conto che la scienza è solo un’altra storia che volevo esplorare”.

 

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