Contributo di Rosalba Rotondo Dirigente Scolastica IC “Ilaria Alpi- Carlo Levi ” di Scampia Napoli
“…. una dolcezza al core che intender non la può chi no la prova……”.
Non avrà nulla da ridire, si spera, il Sommo Poeta se, per arrogare il diritto di parlare di Scuola a testa alta solo, esclusivamente, a chi la vive nel profondo del suo cuore, della sua anima, delle sue viscere, prendiamo in prestito questo celeberrimo verso che lo ispirò per far comprendere lo stupore da lui provato nel guardare appena la donna amata, rispetto a cui, comunque, nessuno può pronunciarsi perché inimmaginabile la straordinaria esperienza sublime se non vissuta in prima persona. Come lui e lui solo.
…… e così è per la Scuola. Sacra, inviolabile, incorruttibile, sorretta, quali colonne di acciaio, impalcature di cemento armato, dagli empiti di vanto, di onore, di convinzione senza alcun vacillamento mai, pur in tante difficoltà e con innumerevoli rischi, di entusiasmo, di tutti quelli, ma solo di loro, che, un giorno, hanno sentito una vocina, sempre più potente, esplodere nel petto, irrefrenabilmente innamorati dall’ideale di istruire, educare, formare ad un’esistenza “splendente” in tutti i sensi e tutte le accezioni di significato come un dardo infuocato scagliato nel petto…
Lei, da sempre custodita in un alveo protettivo da chi non ha badato a stipendi esigui, a un ruolo sociale, nell’inquadramento economico, di certo non di prestigio, a difficoltà e rischi non afferenti, però, al campo dell’istruzione, dell’educazione e della formazione. Goduta da chi l’ha scelta con consapevolezza lapalissiana, ma anche da chi inconsapevolmente e, poi, ammaliati dall’essere catturati dai bisogni formativi di bambini e adolescenti, tutti, sempre, speciali, vi ha rinvenuto la ragion d’essere professionale, la ragion d’essere come persone unite da uno stesso ideale, concreto, mai evanescente o iperuranico.
La Scuola…. solo nel pronunciare questa parola, nella sua valenza iperonomica, non si può non riflettere su quanto essa di “alto”, di nobile racchiuda in sé. Dove in essa, nel suo connettivo diacronico, è impressa la sua storia nel corso dei secoli, la sua evoluzione sociale, l’estensione di diritti per insegnare a diventare autonomi attraverso la cultura. Dove da sempre la ricerca pedagogica, connaturandosi nel tempo a tutte le branche della filosofia e delle scienze dell’educazione, in primis le neuroscienze, la sperimentazione, costanti metodologiche anacronistiche, hanno scandagliato tutte le strumentazioni analogiche e digitali, le metodologie prassiche da quelle della primordialità dell’apprendere a quelle tecnologiche per far radicare nella mente degli alunni concetti, sistemi di pensiero, di data base intellettivi per guidare ed immergere negli scenari e verso gli orizzonti sconfinati della conoscenza.
In quest’ottica innovare, innovatività, innovazione costituiscono dalle origini la matrice etimologica attraverso cui viene a coniugarsi l’essenza intrinseca della Scuola, si metabolizzano le istanze di tutti gli attori che sono parte integrante di quei presupposti etici ed ideologici che fanno della Scuola la cellula fondamentale della società, laddove, soprattutto nelle aree a rischio, la famiglia non è in grado di assolvere al ruolo della genitorialità in termini di consapevolezza, partecipazione, responsabilità. E ci si aggrappa alla Scuola come ad un’ancora di salvezza, come ad una fonte d’acqua fresca perenne che disseta. Perché è lì. Qualsiasi cosa succeda… è lì. Sempre.
Eppure, in questi ultimi tempi la Scuola da soggetto punto saldo di riferimento per la formazione delle nuove generazioni, dalla sua dignità imprescindibile, è divenuta oggetto di contesa di opposte fazioni, di scontro, una cartina di tornasole per far ricadere su di sé responsabilità che non le sono mai spettate. Il banco di prova per antonomasia per rimediare a quello di cui si è perso il controllo….. ma non c’è posto più sicuro e controllato.
Scudo e boomerang nel contempo. Araba fenice che si rigenera dalle proprie ceneri ogni volta che deve dare risposte certe senza tentennamenti….. Sorvegliata speciale in barba allo sguinzaglio del “liberi tutti” e all’anarchia indisturbata. In quest’era di covid.
Da Sua Altezza Imperiale a Cenerentola, da Giovanna d’Arco a Crudelia Demon, da Calamity Jane a Florence Nightingale, la Scuola negli ultimi tempi è stata collocata in una sorta di limbo con l’attribuzione di ruoli e funzioni assolti di volta in volta da questi prototipi femminili, appannaggio di altri contesti che nulla hanno a che fare con il mandato istituzionale della scuola, terreno fertile per far attecchire implicazioni di economia, di problematiche lavorative di genitori, babysitteraggio o baby parking. Una scuola che ha soccorso esistenze sconvolte, che ha preso in carico piccoli e grandi alunni malati di covid, intere famiglie, ad affrontare e a neutralizzare i lutti, a riprendere la normalità di vite ossessionate dalla pandemia, per quanto…..
Come i docenti… una volta glorificati per la DAD, una volta mortificati e ingiurati per la DAD. DAD sì DAD no. Forse no, forse sì…. La DAD/DDI ora glorificata, ora vituperata da chi sta distante anni luce pontificando dai troni, dagli scanni … Persone che mai hanno vissuto la Scuola se non da studenti, proclamando sempre e comunque: “Armiamoci e andate”.
Allora ecco sia benedetta quest’iniziativa, ben venga l’adunanza degli Stati Generali della Scuola digitale (quest’accezione qualifica esclusivamente la contestualizzazione d’epoca perché è la Scuola per antonomasia), che ogni anno vede il trionfo di questa Scuola lucente, fucina instancabile, il tripudio della “metascuola” che riflette su se stessa, fa un bilancio annuale dello stato dell’arte delle sue prerogative, delle sue azioni. Con lucidità intellettuale, passione professionale, resilienza non eroica, ma connaturata alla sua identità.
Una Scuola che senz’altro ascolterà tutti gli interventi degli ospiti, quale valore aggiunto, contributo di bontà e di ricchezza intellettuale notevole, tasselli di un puzzle di relazioni preziose di cui essa ha vitale bisogno per non trincerarsi in una sorta di apoteosi autoreferenziale, ma per cui, rispetto alla condivisione fosse anche della più semplice esperienza di vita scolastica autentica vissuta nella quotidianità delle esistenze che scorrono dei nostri bambini e dei nostri ragazzi, e dei Dirigenti, dei Docenti accanto a loro, sempre, bisogna alzarsi in piedi e proclamare a viva voce: “ Silenzio, parla la Scuola ”.