Una finestra social sul mondo dell’infanzia

Giuseppina Ausilia Venturella, docente di scuola dell’Infanzia presso l’Istituto Comprensivo “Fontanelle” di Agrigento, racconta l’utilizzo didattico del social Instagram con i suoi piccoli allievi. Il canale Tortorschool (https://www.instagram.com/tortorschool) in breve tempo è diventato l’archivio, digitale e vivente, di tutte le esperienze significative condotte, nonché il mezzo di rigenerazione del vecchio plesso scolastico “Tortorelle”.

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La scuola dell’infanzia tra realtà e mito

La scuola dell’infanzia rappresenta il primo ambiente di apprendimento, di relazione, di vita che il bambino affronta al di fuori della famiglia: ai docenti l’arduo compito di organizzare questo habitat e far sì che l’apprendimento sia la risultante dell’intreccio di corporeità, esperienza, linguaggio, creatività, e tanto altro ancora.

Ci deve essere un “pensiero” dietro all’organizzazione dell’ambiente educativo.

Eccellente teoria che si scontra con la realtà delle nostre scuole, rimanendo molto spesso un modello “mitologico”. Le aule fatiscenti, la sporcizia,  i mobili vecchi e pieni di antiche crepe, le porte rotte sono la triste realtà di molte scuole, ed è quanto è stato trovato dalle docenti del plesso “Tortorelle” di Agrigento, quando vi hanno preso sede, nel 2013, per vicende di accorpamenti e dimensionamenti dovute più a logiche politiche-aziendali che di “buona scuola”. L’arrivo al plesso è stato caratterizzato da momenti di sgomento, tanto che molti genitori preferivano trasferire altrove i figli. In effetti era inverosimile pensare di fare di quel contesto un ambiente di “apprendimento”. Ma è lì che è scattato qualcosa, la voglia di trasformare una difficoltà in opportunità.

Le insegnanti, coinvolgendo i genitori superstiti e gli stessi bambini, si sono trasformate in imbianchini, falegnami, carpentieri, avendo in mente non solo di ridare dignità alla scuola, ma anche di farla bella, in più sensi. Di fronte la possibilità di fallire nell’impresa, appellandosi alla semplice idea che la scuola vera è fatta anche da idee e persone, siamo riuscite alla fine a trasformare l’utopia in realtà.

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Ma come rendere visibile e conoscibile, quello che si stava realizzando? Come far “vedere”?

Perché oggi si ha bisogno di “vedere”, e vestendo nuove lenti è nuovamente “scattato” qualcosa: guardandosi intorno ci si è accorti che ci sono nuovi modi di comunicare e nuove cose da comunicare, tra cui come insegnare e apprendere, che non sono più solo “obsolete” esperienze d’aula. Il saper essere che in breve tempo è stato riconosciuto come il saper fare del plesso Tortorelle.

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Comunicazione digitale

Condividere”: questa la parola chiave.

Condividere con il mondo lo sforzo di ricostruire e di fare scuola, il modo di operare nella definizione e nello sviluppo di una didattica molto meno frontale ma più creativa, laboratoriale, museale, e adesso anche digitale dentro e fuori le mura scolastiche. In un mondo social la scelta era ampia, ma l’obiettivo era chiaro: trasmettere, per immagini, poche e semplici parole, raccontare e raccontarci, ma in modo aggiornato, moderno, veloce rispetto al passato. Nasce così, sul social Instagram, il profilo TORTORSCHOOL, chiamato in questo modo per dare una dimensione globale alla scelta, per alimentare un confronto di ampio respiro, per scrollare la limitatezza della zonizzazione, territoriale, culturale, o preconfezionata dagli stereotipi.

Abbiamo cominciato a esporre e esporci, a condividere idee, proposte, iniziative, attività. All’inizio non si pensava di stare realizzando una “comunicazione digitale”, ma pian piano è diventato naturale e i bambini, opportunamente e adeguatamente coinvolti, sono diventati non solo gli attori protagonisti delle foto, ma anche i responsabili della scelta di cosa condividere: un racconto, un disegno, una mostra, un gioco, un’emozione. Il lavoro di tutti, insegnanti e alunni, diventa occasione per essere raccontato per immagini e condiviso. E adesso sono loro, i bambini, che scelgono e invitano a fotografare qualcosa da far vedere, in un gioco di parti, tra i diversi ruoli d’aula, stimolante ed estremamente creativo, ma anche responsabilizzante.

L’idea è quella di portare frammenti del mondo reale, che gli altri possono riconoscere nel loro significato e funzioni, in una dimensione del tutto nuova. Ci si muove nell’immenso bosco narrativo del web per mandare messaggi a visitatori provenienti da tutto il mondo, ma il valore aggiunto è dato dal fatto che sono i bambini stessi a decidere cosa narrare, come e quando.

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In maniera, forse troppo pretenziosa, mutuando il pensiero di Mc Luhan, si pensa che “Quando la tecnologia estende uno dei suoi sensi, una nuova traduzione della cultura si verifica con la stessa rapidità con cui la nuova tecnologia viene interiorizzata”.

futuro

Tra innovazione e futuro

Nel momento in cui condividiamo interagiamo, apprendendo dal mondo che ci circonda. Le immagini e le idee che circolano diventano una sorta di ambiente di apprendimento, in continuo movimento, una sorta di biblioteca infinita dalla quale attingere stimoli. Tutto ciò rappresenta un altro modo di fare scuola attiva, aperta, dove tutti, genitori compresi, possono “vedere” quello che si fa, e restituire feedback che aiutano la docenza a monitorare, migliorare, correggere, in una continua osmosi.

Si avverte, oggi, la forte necessità di discutere sulle nuove responsabilità sociali legate alla trasmissione del “sapere”, il quale si presenta apparentemente democratico (L. Bruni) e soprattutto ha la presunzione di trasformare quell’amore di scoperta e conoscenza in vitree informazioni, dati. La scuola in tal senso ha rilevanti responsabilità, tanto quanto un sistema che predilige il calcolo alla creazione, la rigidità all’opinione.

Instagram è un social network fotografico che consente di presentarsi e parlare di sé, di raccontarsi per immagini, e con tag e hashtag si può categorizzare, esprimere idee, concetti, pensieri, e confrontarsi in modo libero e agevole. Instagram rappresenta l’uso di un linguaggio nuovo che anche i bambini, istintivamente guidati, sono in grado di decodificare. Rappresenta la capacità innata di creazione di fronte alle emozioni, e di leggere la realtà con occhi sempre diversi, con interpretazioni sempre rinnovate. Che quegli occhi, poi, siano di un bambino, ciò rende ancor più evidente la responsabilità del ruolo e della scuola nello sviluppo estroso e razionale dell’individuo, che purtroppo si affievolisce proprio nel momento in cui dovrebbe dirompere.

Tutto il mondo vede le stesse immagini, ma nessuno vede la stessa cosa” (D. Walton).

Il nostro lavoro non è riflesso che di un umile desiderio, di compiere cioè la più difficile pretesa, che non si smette mai di imparare. E c’è sempre un modo nuovo per vedere il mondo attorno a noi. Nella fiducia che, forse, nei bambini, in modo spontaneo e costante, si impari ad imparare.

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