Appunti dagli Stati generali della scuola digitale 2021
Sessione: Il libro e il “modo” digitale
Esperti: Roberto Maragliano, Angelo Bardini, Lorella Carimali, Irene Enriques, Roberto Carraro, Paolo Tartaglino, Roberto Devalle.
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Tutto il periodo trascorso ci conduce a ripensare la scuola all’interno della società digitale e di guardare da più punti di vista all’esperienza vissuta; un’esperienza a cui la scuola non era preparata, che l’ha costretta a stare in rete, al di fuori delle proprie sicurezze, al di fuori dei suoi comportamenti ed anche delle sue concettualizzazioni. Ma tutti i componenti della comunità scolastica, immersi in situazione, si sono dati da fare imparando ciò che era necessario per proseguire. Naturalmente sono sorti molti problemi, ma gran parte di essi sono stati risolti attraverso una forma di apprendimento non guidato dall’insegnamento.
Questo processo ha bisogno di tempi per essere concettualizzato, di fatto si può constatare che vi è una discrasia tra le abitudini classiche, di una scuola strutturata sull’insegnamento con la variabile dipendente dell’apprendimento, e invece quest’altra condizione di continuo autoapprendimento, che è la condizione di vita di una società digitale, dove tutto si modifica continuamente. Ci si potrebbe augurare di tornare a una situazione in cui tutto è chiaro e i confini sono ben stabiliti, con gli orari, le discipline, il testo che suggerisce cosa bisogna o non bisogna imparare. Ma la realtà non tornerà ad essere come prima, perché gli insegnanti hanno imparato qualcosa di diverso e di nuovo e certamente per la loro attività di formazione, quindi di autoformazione, si serviranno di queste altre tipologie di risorse.
E dunque: qual è la collocazione del libro all’interno di una scuola che a sua volta è all’interno di una società digitale? Qual è l’intelligenza che noi vogliamo dare al libro? Se ne è parlato molto anche agli Stati generali della scuola digitale (vedi…link alla pagina di riferimento) così come si è discusso dell’intelligenza delle cose (IoT): l’automobile, il frigorifero, gli oggetti che diventano intelligenti ed emettono dei dati con cui si interagisce. Anche il libro emette dati, bisogna comprenderne la tipologia. Si tratta di un problema materiale e non solo teorico sia per chi crea i libri, sia per chi li adotta e li fa studiare, perché il libro può essere un luogo di sollecitazione, che non solo raccoglie tutti i dati che il lettore poi va ad utilizzare, ma che ne emette a sua volta, li propone e quindi interagisce con l’utente attraverso il suono, l’immagine, ma un’immagine dinamica e non statica, diviene un raccoglitore, luogo dentro il quale viene dato un ordine, un’indicazione, anche una progettazione alle attività.
Il rumore all’interno del silenzio
Lo studio, indiscutibilmente, ha avuto da sempre la necessità di silenzio e riflessione, ed in questo senso il libro ha aiutato lo studente a memorizzare divenendo luogo ordinato del sapere.
La pagina si è consolidata nel tempo come risorsa per l’apprendimento profondo, e ha oggi una sua forte valenza come inquadratura, fisica; si usura con l’ utilizzo ma lascia traccia di quello che si fa. Sono variabili che rendono ancora il libro estremamente efficace.
Ma se si pensa allo stupore di Sant’Agostino nel vedere Sant’Ambrogio che legge senza recitare, senza parlare, si può vedere come già a quel tempo si dava voce alla lettura ed il silenzio non era contemplato; oggi, afferma Roberto Maragliano, si sta recuperando la concezione antica di studium come partecipazione, come dinamica, come estrinsecazione, come esposizione, non studio come raccoglimento.
Viviamo in una società sonora e rumorosa, dove è possibile registrare sempre tutto, rivedere e riascoltare ciò che è stato registrato e questo porta vitalità alla scuola, la vitalità della partecipazione. Il futuro è nel digitale e quindi nello sviluppo delle digital humanities. La sfida sta nell’escogitare soluzioni di apprendimento profondo anche nel digitale; ed è chiaro che non sono più solo la scrittura e la lettura le esperienze che si devono considerare, ma ci sono quelle ancora più immersive della realtà virtuale e della realtà aumentata, utilizzate in rapporto a questa finalità.
Il suono e gli audiolibri
La tecnologia ci mette a disposizione anche la riproduzione della lettura in voce, un tempo i testi si srotolavano, oggi si leggono e anche si ascoltano scrollando il tablet, che è uno strumento rivoluzionario sul piano mentale, corporeo, psicologico: gli si deve creare uno spazio nella didattica, uno spazio anche nel contenuto che si propone.
E’, però, molto importante dare una maggiore attenzione alla selezione delle cose da leggere e alla modalità con cui vanno lette, per lasciare libertà alle scuole di sperimentare proprio questa sonorizzazione, perché per i ragazzi il suono è un elemento dinamico di vita e lo si vede da come studiano, dal sottofondo sonoro che utilizzano; a noi adulti può sembrare una confusione, per loro è una protezione
Perché gli editori non utilizzano l’audiolibro?
Uno dei principali problemi che l’editoria affronta riguarda la possibilità di utilizzare dei brani sotto diritti, corrispondendo un equo compenso stabilito per legge agli autori; ma questo vale per i brani scritti, non vale per le immagini, non vale per gli audiolibri, e non vale per la musica. Si sono definiti degli accordi generali per cui l’ebook si può pubblicare, quando riproduce il libro scritto pagando un’altra volta l’equo compenso, ma non si è trovato l’accordo sull’audiolibro, perché gli editori dell’opera non hanno i diritti audio e non possono cederlo agli editori scolastici, non potendo cedere un diritto che non hanno, e trovare i titolari di quel diritto non è cosa semplice.
Quindi qualcosa che sembra ovvio, il far leggere un testo, pagare qualcuno che lo legge e dare i diritti, diviene molto complesso. Vi è un’ulteriore situazione problematica, anche nel digitale vige il diritto d’autore e nel recuperare contenuti dalla rete ci si deve porre il problema della remunerazione di chi crea.
La conoscenza si aggiunge e non si toglie
L’editoria ha perso la garanzia che il libro, che ha sempre avuto un ruolo di esclusività, continuerà a essere centrale. Forse continuerà ad esserlo, se vorrà, ma non sarà più l’unico, e questa non è solo una prospettiva, ma è la situazione attuale. Questo processo è evidente se ci si mette dal punto di vista dello studente; se, invece, ci si mette dal punto di vista del docente la tendenza alla conservazione appare più facile.
Il mondo si evolve, quindi il rischio è che, pensandoci sempre come garanti dell’insegnamento, e non anche come garanti dell’ordinamento di apprendimento, cioè del portare ordine nell’apprendimento, si rischia la conservazione e quindi di perdere anche un elemento di importanza. Se si pensa invece al ragazzo e ci si mette dal suo punto di vista, non ci si può non porre il problema del ridimensionamento della visione enciclopedica del sapere; nel libro di testo c’è tutto, ma non deve esserci tutto. È un problema anche epistemologico molto importante, un problema della scuola. Si tende ad aggiungere, ma bisogna scegliere cosa eliminare per far posto a nuove cose, e questo problema non può essere delegato alla politica, ma deve essere gestito dalla scuola stessa. Se si vuole eliminare una parte di storia della letteratura per far posto alla lettura, si deve comprendere che la letteratura va letta, è questo il problema del silenzio.