Contributo a cura di Nadia Mainetti, responsabile formazione della primaria di ImparaDigitale
Prima di tutto, una suggestione: alla parola “scuola”, qual è l’immagine che viene subito in mente a chi sta leggendo? Quali le parole, i contenuti, gli obiettivi?
Ad alcuni potrà essere venuto in mente un luogo chiuso (quello che Michael Ende, in pagine ispiratissime di Momo, definì “depobimbi”, depositi di bimbi), dove i ragazzi e le ragazze sostano per un certo numero di ore, con quaderni e libri aperti davanti per raccogliere scampoli di lezione; lezione che viene somministrata da un o una docente dalla cattedra, in piedi oppure no, con una lavagna su cui scorrono, giorno per giorno, parole e numeri e vettori e schemi da imparare. I ragazzi e le ragazze possono alzarsi durante la breve ricreazione, per poi tornare ai banchi, che sono rigorosamente di base rettangolare, disposti in file costantemente dritte, e poco importa se l’esuberanza giovanile li sposta, perché l’indomani tornano in ordine. Il cellulare, in questi contesti, è un clandestino. Il computer, magari risalente al secolo scorso (è il caso di dirlo!), se ne sta in un angolo, sentinella di un futuro già passato, inerte promessa di meraviglie o intruso diffidato da chi è nato troppo presto per farselo amico.
L’immagine, per fortuna, appartiene più al passato e l’abbiamo evocata come esempio di un modello che ha già iniziato a trasformarsi. Di certo saranno molti di più coloro che hanno visualizzato in classe una LIM, tablet a uso di studenti e docenti, dispositivi del genere. E banchi dalle forme meno spigolose, più aperti, disposti in file meno prevedibili.
Contesto, ruolo del docente, strumenti da utilizzare a fianco dei classici libri e quaderni, sono tutti ingredienti che, da quando si è affermato il concetto di autonomia scolastica, sono stati alla base di molti esperimenti. Ogni scuola, potenzialmente, ha carta bianca per personalizzare percorsi e stili di apprendimento; e tuttavia, finora il cammino di rinnovamento e sperimentazione è stato spesso timido, vuoi perché è più semplice affidarsi a modelli collaudati e ben noti, anziché tentare vie inesplorate; vuoi perché autonomia dà spazio a molti stimoli diversi, e il nuovo sistema può risultare caotico senza un’opportuna rete di comunicazione tra tutti i soggetti in campo (istituti scolastici, decisori politico-amministrativi, ma anche stampa, università, istituti di ricerca, sindacati che sostengano il rinnovamento della scuola).
Si aggiunge al quadro il progressivo e inarrestabile cambiamento della nostra società in chiave tecnologica, accelerato dalle necessità imposte dall’era Covid. L’avvento della DAD, indispensabile in momenti di emergenza come quelli che abbiamo vissuto, ha permesso di testare nuove modalità di insegnamento e apprendimento, che potranno non certo sostituire il modello didattico precedente, ma integrarlo, migliorarlo e fare da collegamento con le esigenze di società in continua evoluzione.
È essenziale dunque la creazione di modelli flessibili e adattabili alle diverse esigenze di qualunque contesto scolastico, tenendo conto della rivoluzione digitale in atto. Portare ordine senza creare irrigidimenti, senza fissare, al contrario aprendo il più possibile gli spazi di riflessione e di lavoro. È proprio ciò che il MID (Modello Impara Digitale) si propone di fare, forte di un lungo e costante lavoro di ricerca iniziato nel 2010, con un progetto sperimentale di didattica multimediale presso il Liceo Scientifico “F. Lussana” di Bergamo.
In passato, le vie praticate forse si sono concentrate su singoli elementi (introdurre il digitale, dare più spazio alla didattica cooperativa, modificare gli ambienti); oggi, il modello vincente è quello che mette insieme tutti gli elementi e gli attori in gioco. Imparare il digitale col digitale dal digitale è il motto da cui il MID prende le mosse, ma interessa tutti gli aspetti che riguardano la scuola e tutti i protagonisti. Prendiamo in esame soprattutto tre elementi.
Innanzitutto, gli spazi di insegnamento e apprendimento superano la singola aula scolastica. Il concetto di ambiente didattico si amplia e, complice il periodo pandemico, va a raggiungere gli studenti nelle loro stesse case. Ciò ha portato già importanti conseguenze nel dialogo scuola-famiglia, generando un nuovo patto educativo in cui le due realtà più importanti in cui vivono i ragazzi si trovano a collaborare, a fare da poli comunicanti e riferimenti coerenti. Sarà dedicato un approfondimento specifico sull’Aula delle meraviglie, sulla classe/scuola scomposta e sul concetto di scuola-casa.
Dopo l’ambiente, l’altro importantissimo elemento del quadro è la figura del docente, che viene definito liquido, con tutte le accezioni positive del termine, cioè flessibilità, apertura, adattabilità alle tantissime variabili che il percorso formativo pone. Regista, modello, demiurgo, egli ha il compito di assicurare il dialogo con i ragazzi e tra i ragazzi, di concordare con loro il lavoro didattico, di favorire la meta-riflessione e gli spazi di autonomia: l’alunno può così riflettere sul proprio apprendimento e scegliere i propri obiettivi in concorso con gli altri e con l’insegnante. Per il docente che si ispira al MID, l’apprendimento è un fatto individuale di ogni alunno che deriva però anche da azioni collettive.
Il terzo attore in campo è anche il più importante di tutti: lo studente. È ultimo perché punto di arrivo di tutte le azioni didattiche; e primo, perché protagonista assoluto del percorso. L’etimo di studium ha poco a che fare con sudore, sacrificio e accettazione passiva di direttive superiori, tantomeno con un banco singolo e circoscritto: è passione, zelo, amore. Il MID non ha per scopo la somministrazione passiva di contenuti disciplinari, bensì la formazione dell’individuo in crescita, il suo diretto coinvolgimento nella costruzione di sé come cittadino e persona completa. Ciò può avvenire soltanto dando allo studente voce in capitolo sul proprio percorso, e spostando l’accento dai contenuti alle competenze che egli potrà acquisire. È questo il fulcro del modello e la sua proposta di innovazione. Non si tratta semplicemente di “tener conto” delle soft skills e delle 8 competenze chiave di cittadinanza emanate dal Consiglio Europeo nel 2018, come se fossero spezie per insaporire un piatto già pronto: è proprio sulle competenze che il MID fonda la metodologia didattica e tutto il sistema di scuola, classe, lezione.
Regina tra le competenze è quella personale, connessa alla capacità di imparare a imparare; vi sono competenze di cittadinanza, di tipo imprenditoriale e progettuale, in materia di consapevolezza ed espressione culturale: tutto ciò riguarda individui completi, che sviluppano la propria personalità nella relazione con gli altri, con la società, con le diversità a loro esterne e soprattutto con loro stessi e con le proprie possibilità. Il MID riassume in tre macro-aree di competenza la progettazione didattica: 1. consapevolezza, 2. relazione, 3. creatività.
PROGETTARE UNA UDA CON IL MODELLO DI IMPARADIGITALE
Nella costruzione di una UDA, la prima fase è essenzialmente di confronto e contatto con gli studenti: si propone un compito, si comprende la situazione di partenza dei singoli, si concordano gli obiettivi insieme con loro. A questo punto può seguire la progettazione e la definizione del percorso, con il dialogo costante tra docenti e alunni (seconda, terza e quarta fase); le singole attività della UDA vengono poi assegnate alle tre aree di competenza, identificate per colori (quinta e sesta fase); a questo punto, lo studente stesso sceglie le attività e costruisce il proprio percorso, a diversi livelli a seconda del tipo di scuola (settima fase); solo adesso inizia la “lezione”, o meglio, viene data vita al percorso, fino al lavoro finale. Sette fasi per progettare e far crescere l’idea dell’esperienza di apprendimento, l’ottava per dispiegarla in tutte le sue possibilità; e infine una nona fase di verifica, dove non manca un processo di auto-valutazione sia da parte degli studenti che dei docenti. Prendere consapevolezza, da parte dello studente, degli obiettivi raggiunti, delle positività o criticità incontrate rappresentano i punti da cui ripartire nel percorso dia apprendimento.
Il percorso educativo, in questo senso, è capillarizzato, denso di sfumature, pronto a formarsi “addosso” allo studente, dal desiderio stesso dello studente. Non c’è dubbio, d’altronde: nessuno può sentirsi protagonista del proprio cammino se non viene messo a parte delle decisioni che lo riguardano. L’interesse, l’entusiasmo, la passione per l’apprendimento sono anche interesse, entusiasmo e passione per un progetto fondamentale: diventare uomo, diventare donna con i propri valori, capacità e desideri. Noi ideatori del MID crediamo che non vi sia progettazione didattica più ambiziosa e cruciale di questa.