La scuola vuole il pane? Diamole le brioche!

Beatrice Baldo – docente di lettere di scuola secondaria di I grado a Catania e membro della redazione di ImparaDigitale-APPrenderò – sintetizza l’ampio dibattito svoltosi in questi giorni sul profilo Facebook di Dianora Bardi. Il Piano Operativo Nazionale lanciato in queste settimane avvia una corsa per l’innovazione digitale per diverse azioni di recupero e sviluppo di competenze: ma non staremo forse perdendo di vista il vero traguardo?

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In una placida e assolata domenica di metà marzo, sul profilo Facebook di Dianora Bardi si è svolto un ampio, appassionato e appassionante dibattito in merito alla progettazione dei PON che, nell’ambito del “Programma Operativo Nazionale – Per la scuola, competenze e ambienti per l’apprendimento”, a partire da febbraio, e a scadenze piuttosto ravvicinate, metteranno a disposizione delle scuole italiane di ogni ordine e grado la non indifferente somma di 830 milioni di euro. Una cifra, indubbiamente, di non poco conto e che fa gola a tutte le scuole che puntano a implementare sistemi innovativi e a migliorare, in maniera anche strutturale, la propria offerta formativa.

Il dibattito si è concentrato inizialmente su alcuni punti focali:

Se i Pon puntano a potenziare le competenze di base, come si concilia questo obiettivo nelle scuole con il tempo prolungato, dato che le azioni PON devono aver luogo in orario extracurricolare? L’acquisizione o il potenziamento delle competenze digitali che avviene con gli esperti esterni, rimane quindi sganciato dalla quotidianità della prassi didattica? Le competenze digitali, trasversali rispetto a quelle di base, non dovrebbero rientrare in una progettazione per competenze all’interno del consiglio di classe o, addirittura, nel PTOF?

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Curriculare ed extracurriculare?

Da questi iniziali quesiti tante le voci che domenica si sono espresse in merito, disegnando un panorama ampio e articolato che ha restituito in maniera piuttosto concreta i dubbi e le perplessità su cui si interrogano i docenti e i dirigenti italiani di fronte a queste iniziative.
Lo scenario è variegato: se, da una parte, l’erogazione degli stanziamenti europei di certo non è disprezzato da parte delle istituzioni scolastiche, dall’altra si sottolinea però come il ricorso ai fondi UE sia indispensabile a fronte di un investimento veramente risicato da parte dello Stato.
In pratica, i fondi stanziati si inseriscono in un meccanismo che tende a non intervenire strutturalmente sull’attività curricolare ma periodicamente e sull’extracurricolare, tagliando necessariamente e automaticamente fuori dal processo di apprendimento parte degli studenti che invece ne dovrebbero essere protagonisti. Per altro molte scuole hanno il tempo prolungato, come è possibile pensare ad attività anche il sabato o nei periodi di vacanza?

Ma il problema oltre che logistico/organizzativo è soprattutto didattico.

Una evidente contraddizione:

Potenziare le competenze di base o le competenze digitali in orario extrascolastico significa confermare la loro accessorietà, il loro non essere strutturali e/o indispensabili all’interno del processo di apprendimento e di crescita educativa e didattica degli studenti.
Si chiede, cioè, alla scuola di demandare la sua funzione istituzionale in momenti “extra”, svolti da “altri” in contesti non didattici. Chi innova, si fa notare,  lo fa all’interno del proprio curricolo, chi rifiuta l’innovazione non si mostrerà certo disponibile a svolgere attività extracurricolari soprattutto se si richiedono conoscenze così tecniche  e specifiche quali quelle esposte negli allegati del PON sulle competenze digitali.

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Visione sistemica ed olistica

Tecnologia si … competenze digitali … sicuramente … ma prima il cambiamento della didattica e del sistema scuola

Un altro aspetto significativo emerso è il fatto che questi interventi non vengono proposti, e quindi non possono essere percepiti, come elementi di un sistema scuola globale: questa è uno dei concetti che più spesso ricorre negli interventi dei partecipanti.

Proposte …

A questa marcata resistenza al cambiamento si associa, poi, da parte di altri, la necessità di un maggiore riconoscimento sociale e di adeguamento economico, sollecitando l’azione delle risorse interne, evitando il ricorso all’esperto che sembra aver trasformato la scuola in un terreno di caccia di agenzie di formazione esterne.

Naturalmente non ci sono solo critiche per la progettazione Pon, perché come già evidenziato più sopra, docenti e dirigenti sono consapevoli della necessità di impiegare questi fondi. Diverse sono le proposte per migliorarne l’organizzazione: dalla necessità di porre alla base una visione pedagogica ampia da cui far discendere azioni educative efficaci, a quella di rendere più efficace il sistema di monitoraggio e di valutazione del processo per stimolare pratiche riflessive ed evitare il fenomeno della spesa senza qualità né prospettiva di innovazione e miglioramento.

La richiesta più pressante sembra essere quella di una maggiore partecipazione degli attori principali della scuola.

Il rischio è quello di proporre una visione della scuola a due velocità: la scuola del “mattino”, delegata ai docenti del vecchio sistema, e la scuola del “pomeriggio”, affidata ad esperti ai quali viene affidata la titanica missione di cambiare, con un incarico limitato nel tempo e con sporadici contatti con la “scuola del mattino”, lo scenario educativo e di colmare i deficit formativi dei nostri ragazzi.
Quando riusciremo a fondere le due visioni in una visione organica, e soprattutto condivisa? Se e quando accadrà, non avremo forse più bisogno delle repentine ondate di riforme cui ormai assistiamo da anni.

Leggi l’intervento del prof. Giovanni Scancarello – Dirigente Scolastico del Liceo Statale Maria Montessori di Roma, cliccando sul bottone qui sotto. Un’analisi coraggiosa e una proposta che ha riscontrato apprezzamento.

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